Cosa si intende con “fast fashion” e perché non è sostenibile
Avrai certamente sentito parlare di fast fashion e delle dinamiche che negli ultimi anni lo hanno visto al centro di numerosi dibattiti. Si tratta di un modello di produzione e consumo nell’industria dell’abbigliamento che si caratterizza per la produzione rapida e a basso costo di capi di moda. In questo sistema, i marchi di moda, da Shein a Zara e altri, producono nuovi prodotti a un ritmo molto elevato, seguendo le tendenze di moda attuali.
Le aziende di fast fashion basano il proprio modello di business su di una produzione su larga scala, utilizzando materiali economici e processi di fabbricazione efficienti per mantenere bassi i costi di produzione. Ciò consente loro di offrire capi di abbigliamento a prezzi accessibili per i consumatori.
Tuttavia, il fast fashion ha una serie di impatti negativi sull’ambiente e sui lavoratori. La produzione rapida spesso comporta il ricorso a manodopera a basso costo in paesi in via di sviluppo, con condizioni di lavoro precarie e salari bassi. Inoltre, l’uso intensivo di risorse naturali, l’inquinamento delle acque e la generazione di rifiuti tessili contribuiscono all‘impatto ambientale negativo dell’industria.
Un maggiore interesse per le alternative sostenibili

“Il lato oscuro dei vestiti che indossiamo”
Il fast fashion incoraggia anche un ciclo di consumo veloce, in cui i capi di abbigliamento vengono indossati solo per un breve periodo e poi scartati. Questo comportamento porta allo scenario riportato nella figura – un’enorme quantità di rifiuti tessili che finiscono nelle discariche.
Negli ultimi anni, c’è stata una crescente consapevolezza sui problemi del fast fashion e un interesse sempre maggiore per alternative sostenibili e etiche nella moda, come la moda sostenibile, l’abbigliamento di seconda mano e il consumo responsabile. Ad oggi è più facile essere consapevoli dei danni causati, ma nel mentre diventa sempre più difficile essere sostenibile.
All’aumentare del costo dell’inquinamento a causa di scelte di produzione insostenibili cresce anche il prezzo da pagare per fare scelte d’acquisto che rispettino l’ambiente. C’è un gap tra questi fattori per il quale dovrebbe intervenire dapprima la politica, cambiando le regole di un gioco che ci sta costando il pianeta.
Che cos’è l’economia circolare
Immagina il processo produttivo di un’azienda vinicola:
Anzitutto, l’uva matura viene raccolta, i grappoli vengono selezionati per poi essere spremuti fino ad ottenerne il mosto; lo zucchero nel succo fermenta, permettendo la vinificazione, il prodotto viene filtrato separando la parte buona – il vino – dallo scarto, le vinacce, cioè il residuo composto di bucce e semi dell’uva.
Normalmente lo scarto va buttato, ma non è sempre così: le vinacce vengono prelevate e trattate sfruttando olii e sostanze già presenti nel materiale grezzo fino a produrre una similpelle naturale, pulita, senza aggiunta di sostanze inquinanti. Questo è un esempio di economia circolare.
Stiamo parlando di Vegea, l’azienda fondata nel 2016 da Giampietro Tessitore, che ci dice come, usando tutto lo scarto dalla produzione vinicola Italiana di un singolo anno, si potrebbero produrre ben 500 milioni di m2 di wineleather (abbastanza per coprire settemila campi da calcio), abbattendo significativamente l’impronta ambientale del settore della moda.
Un nuovo obiettivo
L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che si basa sul riutilizzo, la riparazione, il ri-condizionamento e il riciclo di materiali e prodotti. L’obiettivo è estendere il ciclo di vita dei prodotti per ridurre consumi e rifiuti al minimo; una volta che un prodotto ha terminato la sua funzione, i suoi materiali vengono riciclati; in questo modo possono essere reimpiegati nella produzione generando valore ulteriore.
Una transizione verso un modello economico circolare porterebbe a numerosi vantaggi, come ad esempio:
- Minore sfruttamento delle risorse naturali e minore distruzione del paesaggio e degli habitat
- Diminuzione della dipendenza da materie prime;
- Riduzione delle emissioni di gas serra;
- Creazione di nuovi posti di lavoro;
Ma il processo di conversione dall’economia lineare all’economia circolare non è un percorso facile né immediato, richiede tempo e risorse economiche, comportando un aumento dei costi nel breve periodo; oltretutto non tutti i materiali possono essere riciclati all’infinito (ad esempio la carta, che ha un numero finito di “riutilizzi”).
Che cos’è la moda circolare
Il settore della moda e del fashion è sicuramente uno tra i più aperti a innovazioni di ogni genere, quindi non c’è da stupirsi se molte aziende dell’industria della moda e del tessile stanno prendendo una direzione più ecologica.
Secondo la Banca Mondiale, il settore della moda è responsabile del 10% delle emissioni mondiali di carbonio e l’industria del fashion consumerebbe 1500 miliardi di litri d’acqua, con 92 milioni di tonnellate di rifiuti, risultante nel 20% dell’inquinamento idrico industriale.
Numeri da capogiro, come quelli riportati dalla Ellen MacArthur Foundation, che stima una perdita di 500 miliardi di dollari in indumenti che vengono indossati a malapena e buttati.
Può rigenerarsi in autonomia
La moda circolare è l’estensione del concetto di economia circolare nell’ambito fashion, basato sugli stessi principi di riciclo, riparazione e riutilizzo. L’obiettivo è un’industria alternativa in grado di rigenerarsi da sola, riducendo gli sprechi e lo sfruttamento delle risorse naturali tramite il reimpiego di materiali destinati alla discarica; un cerchio in cui i materiali continuano a girare senza perdere mai la loro utilità.
Le iniziative legate alla moda circolare non sono poche e ci sono anche esempi made in Italy:
- Rifò viene fondata da Niccolò Cipriani nel luglio 2018 a Prato, la capitale dell’industria tessile in Italia. L’azienda raccoglie vecchi indumenti di cashmere, cotone o jeans per trasformarli in nuovo filato, usato poi per capi di abbigliamento nuovi e di alta qualità.
- Gaia Segattini Knotwear nasce nelle Marche e dal 2019 realizza capi e accessori a partire da filati di giacenza di produzione italiane. Ogni capo è prodotto in quantità limitate – o addirittura in pezzi unici – in base al materiale recuperato; il risultato sono capi di qualità altissima e unici.
Un trend in crescita: second hand e vintage
I principi dell’economia circolare del riciclo, del riuso e del “pensato per durare” piacciono ad un pubblico ampio. Sempre più persone scelgono mobili, accessori e capi second hand o vintage.
Spinti da prezzi convenienti o da sensibilizzazione verso il valore del riuso, sempre più italiani frequentano fiere vintage e mercatini dell’usato e sempre più siti di e-commerce implementano spazi per compravendita di merce second hand, alcuni specializzandosi proprio su questo mercato in rapida crescita (ad esempio Vinted). Il fenomeno vintage va a braccetto con gli ideali della moda circolare: nulla si spreca e ogni capo può essere portato a nuova vita e diventare di nuovo appetibile se tirato a lucido.
Ne sanno qualcosa i ragazzi di Vinokilo, una “fiera itinerante” nata in Germania nel 2016 dove si trovano migliaia di capi vintage e retró da acquistare al chilo. Vinokilo organizza tappe in tutte le principali città europee, portando in giro un’idea di mercato alternativo a quello “mainstream”; infatti, tutti i capi esposti sono recuperati da scarti e rifiuti e accuratamente selezionati, puliti, riparati per essere finalmente riportati a nuova vita.
Che il fast fashion sia un must è un dato di fatto. I fattori che lo rendono protagonista nelle nostre scelte di acquisto sono molteplici. Mettere in luce cosa nasconde un prodotto a basso costo può spingerci ad un consumo più responsabile. Conoscere è controllare: i processi, la domanda, l’offerta e le nostre scelte.
Il pianeta sta dando chiari segnali della sua insofferenza e presto potremmo non essere in grado di definirlo “casa”. Le scelte del singolo nel quotidiano possono fare la differenza per invertire la rotta rapidamente.
L’abbigliamento si sa, è un mezzo di comunicazione a tutti gli effetti – scegli da che parte stare e racconta chi sei con scelte di acquisto etiche!